L’inferno degli eletti, di Cristina Brondoni
Non si smette mai di avere bisogno di un’ultima pagina ancora. Leggere un buon libro significa sentirne il bisogno, sentirne la mancanza, sentirsi coinvolti pagina dopo pagina; e questa specie di magia la compie una storia che in crescendo diventa sempre più ampia e consistente per la bravura, la tecnica, l’umanità dello scrittore.
Così accade quando si parla dell’ennesimo lavoro di Cristina Brondoni, giornalista, criminologa, donna appassionata e meticolosa, attenta a descrivere luoghi e storie che trasportano con la capacità della credibilità. L’inferno degli eletti (Clown Bianco edizioni) è una giostra di vita mescolata a un orrore che tocca punte inenarrabili attraverso la quotidianità, passando dalla cronaca fino ad arrivare a noi.
Incontriamo ancora Enea Cristofori, l’ispettore dalle ferite mai rimarginate che cerca di salvarsi dai rigurgiti di un passato di abusi che, come polvere, non saranno mai del tutto nascosti dal tappeto dello normalità, perché al primo alito di vento continueranno ad alzarsi e ad appannare gli occhi. Lo vediamo seguire l’ordine di andare in psicoterapia per controllare la rabbia per poi finire con l’essere reintegrato, forse più per sfinimento della psicoterapeuta che altro. Dal corpo della donna ritrovata nella Darsena si dipanerà una storia alternata ad altre vite coinvolte in una setta, una catena celata da un’apparente voglia di salvezza: un luogo-non luogo che ingabbia corpo e mente nell’illusione di rendere la vita sopportabile, la malattia curabile, la morte conseguenza di una scelta.
Con l’amico e collega Gabrio Corso e l’amore confessato a metà per la commissaria Sara Sisti, ci infileremo insieme all’ispettore Cristofori nelle vite ammaccate di chi vince di chi perde e di chi decide. Tra la violenza domestica e la rabbia, arriveremo a un epilogo che ci farà desiderare di restare accanto a certe figure umane che sappiamo avere conservare ancora quell’umanità che può salvare, quella su cui si puoi contare quando tutto sembra perso.
In ultimo, sarà ancora più chiaro quanto siano importanti e preziose certe pagine che scavano nella realtà di chi sopporta la violenza senza potersene liberare, certe credenze che si allargano come cancro e illudono che alcuni mefitici colpi della vita possano essere guariti da pozioni e convinzioni saldate a colpi di denaro. Al termine di tutto, l’autrice ci ricorderà cosa possa significare rivedersi in uno o l’altro, vittima o carnefice, e quanto sia importante chiedere aiuto in qualunque ruolo ci si trovi, perché da soli non si sopravvive e l’ascolto di un amico può davvero fare la differenza così come certi bei libri possono cambiare il punto di vista, spostare le montagne, allargare un orizzonte troppo ristretto per contenere la bellezza dell’esistere.
Chi non ha debolezze non è sano di mente.
L’inferno degli eletti