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Intervista a Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti, autori de La prima ultima volta

La prima ultima volta (una vita al rovescio) è un libro molto particolare e affascinante, scritto a quattro mani da due autori di sesso ed età diverse, Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti. Edito da Edizioni del Faro, si presenta come testo teatrale ma si legge come un romanzo breve, e ha il fascino delle opere sperimentali, direi quasi anni Settanta, sia per la forma, sia nel mettere a nudo la vita borghese.

Il protagonista, quasi solo sulla scena, è un medico, che ci racconta la sua vita in retromarcia, cioè dalla morte alla nascita, come in quel film con Brad Pitt. È incalzato da due personaggi pirandellianamente messi fuori scena, un uomo e una donna che lo interrogano, chiedono spiegazioni, dialogano con lui sul limite della polemica. I suoi amori, il suo matrimonio senza figli, la sua amante che poi diventa la seconda moglie…

La prima ultima volta è intitolato così perché l’anziano uomo racconta, sul filo dei ricordi, l’ultima volta che ha fatto una cosa o che ha provato una sensazione. È più facile e divertente da leggere che da spiegare, questo libro. Così ho voluto fare un’intervista con entrambi gli autori, Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti. Ecco cosa mi hanno detto.

Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti

Come è nato La prima ultima volta?

VM: È nato dall’incontro fra due scrittori completamente differenti fra loro per età, sesso, preparazione e lavoro, che hanno desiderato confrontarsi e mettere insieme le proprie esperienze per avere una visione più completa e varia del senso della vita. Scrivere insieme è un’esperienza molto significativa, stimola la capacità di capire il punto di vista di altri e di approfondire il proprio, aiuta a confrontarsi con il pensiero diverso dal proprio e permette di comprenderlo arricchendo così la propria visione e capacità di riflessione.

RB: Il progetto è nato prima di tutto dalla testardaggine di Vanna, che ha da tempo una passione per le esperienze di scrittura condivisa ed è riuscita a convincermi a rompere il mio abituale isolazionismo creativo. Abbiamo iniziato semplicemente chiacchierando a lungo e scambiandoci appunti finché gradualmente si è delineata la storia che volevamo raccontare. Per questo credo che La prima ultima volta non sia solo un romanzo che cerca di riflettere sui grandi temi dell’esistenza ma, per quanto mi riguarda, è anche il risultato di un’esperienza umana importante di confronto con una mente controcorrente e profonda come quella di Vanna. Oltretutto, in un’epoca in cui si parla quotidianamente di scontri fra i sessi e conflitti generazionali, il fatto che due persone differenti fra loro come me e Vanna abbiano scelto di confrontarsi e creare qualcosa insieme penso sia già di per sé un’esperienza che va orgogliosamente in controtendenza e dimostra quanto il confronto con chi ha sensibilità ed esperienze diverse possa essere solo un arricchimento per tutti.

Perché questo titolo?

VM: Il protagonista del romanzo sceglie di raccontare la sua esistenza a ritroso ripercorrendo le sue “ultime volte”, ovvero l’ultima volta in cui ha fatto una determinata azione o provato una certa emozione. Fa questa scelta perché ritiene che solo guardando le cose a posteriori se ne può davvero capire il valore e analizzare il senso. Questo lungo percorso all’indietro però si conclude inevitabilmente con quella che lui ritiene essere l’unica vera prima volta che ognuno di noi ha vissuto: la nascita. Una prima volta che è inevitabilmente anche un’ultima volta. La prima ultima volta.

C’è qualcosa di autobiografico? Anche se è difficile immaginarlo … o forse sì?

VM: Alcune vicende descritte sono sicuramente comuni a molti ma non esplicitamente autobiografiche dei due autori. Tuttavia, quando si scrive una storia non si può prescindere dalle proprie esperienze, dal proprio carattere, dal proprio ambiente e preparazione. C’è sempre una parte di sé.

Leggendolo mi sono immaginato Edward G. Robinson, con pizzetto, a interpretare il protagonista. Ovviamente non lo potrà fare. E voi, che attori avete immaginato per il protagonista? E come regista?  

RB: Non sono un grande esperto di cinema ma, visto che stiamo giocando con la fantasia, ti dico che vedrei bene il protagonista con la faccia di Jack Nicholson, magari con Clint Eastwood alla regia. Però, per riportare tutto nel mio territorio naturale, aggiungo che mi piacerebbe anche una colonna sonora del Gianni Maroccolo più sperimentale e stridente.

L’editore è Edizioni del Faro? Come è avvenuto l’incontro?

RB: Nel corso del mio percorso ho imparato che è importante affiancarsi a persone con cui si sta bene e con cui si condivide una visione delle cose. Personalmente lavoro con Edizioni del Faro ormai da diversi anni e in loro ho sempre trovato il supporto di cui ho bisogno e la giusta affinità umana. Dunque, dopo avere parlato a lungo con Vanna e avere confrontato le nostre varie esperienze, abbiamo scelto di affidare a loro anche questo progetto comune.

La prima ultima volta

La copertina è una foto di Roberto Bonfanti. Come mai questa scelta?

RB: Mentre riflettevamo sulla possibile copertina mi sono ricordato di quella foto, che avevo scattato per caso durante una breve vacanza in montagna, e insieme a Vanna abbiamo pensato che si adattasse benissimo a trasmettere l’atmosfera del libro. Quell’albero spoglio, circondato da un paesaggio malinconico, ci sembrava riflettere bene le inquietudini che il protagonista racconta.

Avete fatto presentazioni del libro o ne farete? Magari qualcuno si è proposto di mettere in scena il testo?

VM: Non abbiamo fatto delle presentazioni del libro, salvo qualche presenza in alcune fiere dell’editoria, e onestamente non credo ne faremo, un po’ per una serie di potenziali difficoltà pratiche e un po’ perché ci piace pensare a questo progetto come a qualcosa di totalmente estemporaneo. Per quanto riguarda una possibile messa in scena: a mio modo di vedere, il testo non è un copione ma un romanzo che, per ragioni narrative, è stato scritto con una forma che richiama un dialogo teatrale. Penso che trasformarlo in un vero copione richiederebbe un lavoro di riscrittura quasi totale per adattarlo ai tempi del teatro, che sono naturalmente diversi da quelli della semplice lettura. Certo, se un giorno qualcuno avrà voglia di fare questo passo e ci saranno le giuste condizioni, lo accoglieremo a braccia spalancate, ma per ora non è qualcosa a cui abbiamo pensato concretamente.

Progetti futuri di Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti?

VM: Per il mio futuro il mio progetto è scrivere, scrivere, scrivere. Ancora ci sarà collaborazione con Roberto? Lo spero e lo credo, l’esperienza della scrittura del libro La prima ultima volta è stata importante, formativa e umanamente molto significativa.

RB: Io al momento non ho grandi progetti all’orizzonte. C’è qualche appunto nei cassetti che attende di imboccare la strada giusta, ma assolutamente nulla di definito. Diciamo che è un periodo in cui annuso l’aria, cerco di districarmi all’interno della vita vera e attendo di capire cosa voglio fare. Vedremo…

Diego Alligatore

Diego Alligatore è critico rock del web dalla lontana estate del 2003, quando ha iniziato a scrivere di rock indipendente italico sul portale della nota agenda Smemoranda. Da allora non ha più smesso, intervistando e recensendo centinaia di gruppi dell'underground di casa nostra, oltre che su Smemoranda.it anche sul BLOG DELL'ALLIGATORE, su Frigidaire e Il Nuovo Male cartacei. A gennaio 2018 fonda con la sua compagna Elle L'ORTO DI ELLE E ALLI, sito di orto bio e culture alternative, cose curate insieme con passione autentiche. In tutti questi posti non ha mai dimenticato che anche la letteratura può essere rock, parlando con giovani scrittori italici, recensendone libri, incontrandoli in alcune presentazioni. Nel 2021 è uscito con Arcana il suo "Giovani, musicanti e disoccupati", libro di interviste a musicanti indipendenti durante il lockdown del 2020. Cosa fa su MeLoLeggo? Continuerà a cercare giovani autori, parlando con loro di buoni libri, perché la vita è troppo breve per sprecarla con cattive letture.

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