L’arte di correre, di Murakami Haruki
“L’arte di correre”, di Murakami Haruki
A pagina 47 dell’“Internazionale” (5/11 febbraio 2010), nell’ultima vignetta di un fumetto ambientato a Gaza, vi è ritratto un uomo che riflette ad alta voce: “Il problema non è vincere, ma resistere fino alla fine”.
Vite, luoghi, situazioni diverse. In “L’arte di correre”, edito da Einaudi nel 2009, Murakami Haruki non descrive una guerra, la devastazione, la perdita di vite umane; lungi da quello scenario, però, parla ugualmente di conflitti: col tempo, con la vita, con sé stessi.
“L’arte di correre” non è un romanzo, ma un diario in cui, parlando di corsa, lo scrittore si ritrova inevitabilmente a parlare di sé e del suo modo di intendere le cose, di pensieri, emozioni. Maratoneta da più di un quarto di secolo, non corre per scelta, spiega, ma per semplice attitudine: è lo sport che più naturalmente si accompagna al suo modo di essere.
Mirabile è la capacità di Murakami Haruki di rientrare nei “limiti” del proprio discorso, che diventa personale ma non troppo e che non si distacca mai dall’argomento in esame, piuttosto lo amplia e lo rende chiave interpretativa della propria persona, del proprio carattere. Quelle che in lui riconosce come “qualità mediocri” si trasformano, con dedizione e costanza, in concretezza di obiettivi da raggiungere e raggiunti, sogni da realizzare e realizzati e, ovviamente, traguardi da superare e superati.
Allora “il problema non è vincere, ma resistere fino alla fine” anche in questo caso, per quanto “resistenza” non sia da intendere come “sopravvivenza”, ma come rigore verso sé stessi e verso l’impegno che si impiega nel dare forma alle proprie speranze.
Lo stile è semplice e asciutto, può piacere o non piacere. Sicuramente, però, è un libro che si consiglia per i contenuti.