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La scatola di latta, di Paolo Donini

L’oggetto più caro che gli era rimasto era una scatola di latta. Aveva un bel coperchio decorato con il motivo di una chioma d’albero svettante in un cielo di un celeste vasto e fresco come l’aria quando è appena spiovuto. Foglie, rami e cielo erano ancora visibili benché la ruggine avesse iniziato a mangiucchiare i bordi e già salisse a conquistare il coperchio

La scatola di latta
La scatola di latta

P è un poeta, un artista, che vive nella città di Ics. Una città tutta particolare, dove ogni essere vivente ha per nome un’iniziale.

P non ha storia né età, vive isolato dalla piccola comunità di Ics, e la osserva dalla soffitta di casa sua “come in fondo alla lente di un cannocchiale”.

Intorno a lui aleggia un mistero. In città, infatti, nessuno sa come faccia a campare se non consumando centesimo dopo centesimo il patrimonio familiare e vivendo distaccato dalla realtà, correndo dietro ai propri versi e alla propria ispirazione.

Un giorno, e l’altro seguente, e l’altro ancora, però, a Ics cominciano a verificarsi fatti strani. La gente non riesce più a ricordare e pronunciare parole, nomi, lettere, così che le frasi e le conversazioni divengono povere e aride come deserti, e capirsi diventa impossibile. Inoltre, primavere in pieno inverno, sparizioni, strani movimenti e spostamenti di edifici, sconvolgono la tranquillità — vera o presunta — della città.

La soluzione, a questo punto, sarebbe a un passo, e non mi sembra giusto rivelarla. Perché rovinare la sorpresa a qualcuno?

Paolo Donini, autore e poeta, si diverte col linguaggio, fa scorrere la penna alla ricerca della ricercatezza — perdonate la quasi ripetizione — e con questo libro esordisce nella collana Finestre di Voland, una collana che cura le arti visive, la poesia, la musica e non ultima, la letteratura vera e propria.

Se vogliamo, è questo l’aspetto saliente del libro: Donini ricerca il proprio linguaggio, rendendolo forbito e incisivo senza essere noioso.

Resta il dubbio che, così facendo, il prodotto rischi di apparire o suonare troppo sofisticato, come una bella donna sempre elegante, fastidiosamente perfetta.

Più che la storia — un divertimento dell’autore, una bella idea narrativa — colpisce questo. Scrivere è una cosa difficoltosa. Scrivere bene è molto difficile. Forse, in alcuni punti, si ha l’impressione che la narrazione perda la propria anima, e ne cerchi disperatamente una. L’ironia dell’Autore, in effetti, spesso sopperisce a questa mancanza.

In ogni modo, questa parentesi di giudizio personale non inficia la validità di un libro che, come anticipavo, non è letteratura nel senso classico, ma esprime quella che sarebbe il sogno di ogni editore: colpire il lettore.

Non scansatevi, mi raccomando.

Enzo D'Andrea

Enzo D’Andrea è un geologo che interpone alle attività lavorative la grande passione per la scrittura. Come tale, definendosi senza falsa modestia “Il più grande scrittore al di qua del pianerottolo di casa”, ha scritto molti racconti e due romanzi: “Le Formiche di Piombo” e "L'uomo che vendeva palloncini", di recente pubblicazione. Non ha un genere e uno stile fisso e definito, perché ama svisceratamente molti generi letterari e allo stesso tempo cerca di carpire i segreti dei più grandi scrittori. Oltre che su MeLoLeggo, scrive di letteratura sul blog @atmosphere.a.warm.place, e si permette anche il lusso di leggere e leggere. Di tutto: dai fumetti (che possiede a migliaia) ai libri (che possiede quasi a migliaia). Difficile trovare qualcosa che non l’abbia colpito nelle cose che legge, così è piacevole discuterne con lui, perché sarà sempre in grado di fornire una sua opinione e, se sarete fortunati, potrebbe anche essere d’accordo con voi. Ama tanto la musica, essendo stato chitarrista e cantante in gruppi rock e attualmente ripiegato in prevalenza sull’ascolto (dei tanti cd che possiede, manco a dirlo, a migliaia). Cosa fa su MeLoLeggo? cerca di fornire qualcosa di differente dalle recensioni classiche, preferendo scrivere in modo da colpire il lettore, per pubblicizzare ad arte ciò che merita di essere diffuso in un Paese in cui troppo spesso si trascura una bellissima possibilità: quella di viaggiare con la mente e tornare ragazzi con un bel libro da sfogliare.

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