L’appartamento dell’ultimo piano, di Brondoni
Rivedere Enea, Gabrio e il microcosmo che ruota intorno a loro è un po’ come tornare a casa e ritrovare amici che ti sono mancati.
Storditi dagli eventi, rintracciamo legami che riportano al passato doloroso e al trauma che Cristina Brondoni ci ha spalancato davanti nel thriller precedente, Voglio vederti soffrire, uscito sempre per quelli di Clown Bianco. In questo secondo appuntamento ci muoviamo un’altra volta alla ricerca di disperate risposte. Già nel titolo, L’appartamento dell’ultimo piano, si aprono varchi di tensione ed essenziale ci si mostra la paura. Ciò di cui godremo in queste pagine sarà lo scorrere delle vite di ogni protagonista, quando ognuno è a suo modo protagonista nella costruzione attenta delineata dall’autrice.
Conosceremo sempre più a fondo quelli che diventeranno quasi compagni di viaggio, imparando a riconoscerli dal modo in cui si muovono, accarezzano i capelli, osservano o si scostano cercando di non ferirsi e distruggersi alla ricerca di questa mano feroce ed assassina che tortura, devasta e squarcia.
In tutto questo, le abilità dell’autrice trovano ampio spazio in un dettagliatissimo crescendo di crudezza che sa trovare un assoluto equilibrio con la realtà, una realtà che si mostra spietata anche quando è mascherata di normalità e che si stempera nell’eco dell’informazione distorta che contorce il pensiero di chi vive raccontandosi a suo modo.
Non cercheremo soltanto la mano assassina, ma proveremo anche a stare vicino alla squadra di Enea perché, pur ritrovandoci in un turbinio di storture, avremo voglia di credere in lui, nelle sue ricerche affannate, nel suo essere ammaccato, sbagliato, irreprensibilmente irruento ma tuttavia puro nella voglia di verità. Di lui ci fidiamo pur sapendo che ci farà male per le troppe ferite che gli pesano sul cuore, nell’anima, sulla pelle. Di lui ci fidiamo perché sappiamo che è un uomo che ha bisogno di trovare risposte e che forse l’unica vera paura che prova è quella delle domande che potrebbero scavargli troppo dentro, tirando fuori tutta la brutalità che gli è stata inflitta e che forse l’ha cambiato.
Oltre all’inseguimento di quel serial killer che sceglie con cura le proprie vittime secondo un preciso schema mentale, tra queste pagine ciò che ci tiene aggrappati all’evolversi della storia è la costruzione abile di ogni pagina. Vorremmo restare lì, in quel mondo dove vale la pena combattere per sentirsi vivi e riportare una ragione nelle cose, anche dove sembra non ci sia nulla per cui valga la pena restare.