L’arte di esitare. Dodici discorsi sulla traduzione.
Non lo nascondo: conoscevo già molti degli “ospiti” che con le proprie parole hanno concorso alla creazione de L’arte di esitare, questo piccolo libricino edito da Marcos y Marcos e curato da Stefano Arduini e Ilide Carmignani la cui lettura inizia con un’accogliente prefazione di Ernesto Ferrero.
Le parole raccolte tra queste pagine appartengono infatti a tanti nomi più o meno illustri del panorama letterario e sono state spese da ciascuno di questi nomi in occasione del premio ricevuto alle Giornate della traduzione letteraria di Urbino negli anni dal 2007 al 2018. Dodici discorsi in tutto, dodici voci che gettano luce su un aspetto, una visuale o un approccio diverso di fronte all’incredibile e affascinante mondo della traduzione letteraria.
Di pagina in pagina, esperienze personali, professionali e umane vanno ad animare uno spettacolo cangiante che, arricchito di tante immagini e storie, restituisce un ritratto affascinante, vivace e preciso anche per la sua varietà di quello che è il mondo dei traduttori, fin troppo spesso ignorato.
“[…] questo quotidiano contatto con la pagina scritta, con la parola scritta, questo gioco acrobatico di assumere i panni e il punto di vista di un narratore, questo continuo esercizio di mettere i piedi nelle sue orme senza scalfirne la delicata fisionomia, alla lunga mi ha anche insegnato il difficile incanto del mondo”, racconta Yasmina Melaouah.
Uno dopo l’altro, i discorsi si susseguono lasciando che innumerevoli riferimenti e racconti prendano forma dalle pagine per diventare suoni e colori, assumendo una fisicità e una concretezza tali da trapelare con nitore dalla pagina scritta.
“Nei casi estremi, quando traduciamo facciamo questo: ritagliamo un posto nella nostra lingua, e nella nostra cultura, per una voce nuova, mai sentita, o troppo stonata per poter essere davvero ‘sentita’, provochiamo e forziamo la nostra lingua a fare cose che non aveva mai fatto prima pur di accogliere lo straniero e permettergli di dialogare, di entrare in un proficuo contatto con la nostra letteratura”, spiega Renata Colorni.
Si ha quasi l’impressione di poter comprendere, almeno per il tempo che ci si concede per la lettura, ciò che significa tradurre, questa incredibile esperienza umana grazie alla quale ognuno di noi può permettersi di attraversare confini fisici e temporali per giungere, secondo il nostro capriccio di lettori, in luoghi altri, altrimenti troppo distanti, vuoi per codice linguistico, culturale o entrambi, per essere altrimenti avvicinati e compresi.
Ciò che è certo, come scrive Ilide Carmignani nella postfazione, è “che molti, leggendo le raffinate e intense riflessioni dei vincitori, capiranno per la prima volta che cosa vuol dire davvero tradurre, quanta creatività e acribia, quanti saperi e competenze sono necessari perché un libro possa parlare un’altra lingua, e resteranno anche sorpresi dall’infinità di scoperte letterarie, linguistiche, sociologiche, psicologiche, sociali, etiche che la traduzione consente”.