Léon, di Carlo Lucarelli
A più di venti anni di distanza da Almost blue (1997), Carlo Lucarelli ci regala Léon (Einaudi), ovvero il seguito della storia con protagonista “l’Iguana”, il serial killer che assume di volta in volta l’identità delle sue vittime per sfuggire alle “campane dell’inferno” che gli risuonano nelle orecchie. Il nuovo giallo dell’autore segna anche il ritorno dei uno dei suoi personaggi più amati, l’ispettrice Grazia Nigro.
La donna, da sempre combattuta tra dedicarsi solo al lavoro e diventare mamma, ha ora preso finalmente una decisione: ha mollato tutto, il suo ex compagno Simone, la polizia e tutti mostri combattuti nel passato, per dare alla luce due gemelline ricorrendo alla fecondazione artificiale.
Ma le belle notizie per lei durano poco, perché appena dopo il parto viene prelevata dall’Ospedale Maggiore di Bologna e portata in un luogo protetto con le sue neonate. Un incubo sta per tornare reale: L’Iguana, il più feroce fra i serial killer che ha catturato, è scomparso dalla struttura psichiatrica in cui era detenuto lasciando due morti dietro di sé e una testimone sotto shock.
Grazia, ancora stordita dall’anestesia del parto, viene immediatamente trasferita con le sue piccole in una casa segreta e protetta. Il killer potrebbe cercare vendetta e per questo insieme a lei e le bambine i poliziotti conducono in quel luogo segreto anche Simone, l’ex compagno che l’aveva aiutata nelle indagini.
Nel frattempo, la cattura del latitante si rivela un’impresa più ardua del previsto perché il killer pare sfuggire ai numerosi posti di blocco muovendosi come un rettile nell’oscurità dalle periferie alla città. Ad aiutarlo a mimetizzarsi c’è anche il Covid in una Bologna in piena pandemia, dove la mascherina impedisce di vedere bene il volto delle persone facendo il gioco dell’assassino e favorendo lo scrittore nello sviluppo della trama.
Un personaggio interessante è il tassista Roberto (che, per ammissione dello stesso Lucarelli, esiste davvero), che con le sue dirette Instagram diventa funzionale alle indagini.
Come già fatto con Almost blue, l’autore utilizza anche per Léon l’espediente degli intermezzi musicali citando versi di alcune canzoni. Lo stesso titolo del romanzo, infatti, prende spunto dal brano dei Melancholia, una band musicale che nel 2020 si è presentata al talent X Factor con il brano omonimo.
Lo scrittore sfrutta l’ossessiva ripetizione di versi musicali per fare entrare il lettore nella mente malata del killer in maniera diretta attraverso l’utilizzo di un linguaggio accessibile a tutti: quello del mondo della musica.
La storia è divisa in tre parti, in ognuna delle quali sembra il cerchio sembra sia per stringersi per poi virare verso una diversa conclusione. L’abilità dello scrittore sta proprio nel bilanciare questo continuo altalenarsi di avvenimenti che alimenta la tensione.
Almost blue è stato certamente uno tra i libri più amati dai fan di Carlo Lucarelli. Tornare a scrivere di una storia nata più di vent’anni fa è stata sicuramente una scelta rischiosa per lo scrittore ma, visto il risultato del nuovo romanzo, si può dire che l’azzardo ha pagato bene. Léon è un romanzo ben riuscito sia per la struttura della trama che per i protagonisti, a cui il lettore si era già affezionato. Anche i personaggi nuovi si inseriscono perfettamente nell’ingranaggio creato dall’autore, che in questo secondo capitolo della storia si è concentrato più sulla costruzione del giallo, arricchendolo con molteplici colpi di scena senza però rinunciare alla prerogativa che aveva caratterizzato Almost blue, ovvero quell’atmosfera malinconica creata dagli intermezzi musicali e dai flashback introspettivi raccontati con la voce o il pensiero stesso degli stessi protagonisti.
Lucarelli ancora una volta non sbaglia un colpo: Léon è un libro consigliato agli amanti dei gialli e dello stile versatile di questo autore, in attesa di una suo nuovo, coinvolgente romanzo.