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Il libro delle sorelle, Amélie Nothomb

Nora e Florent si amano alla follia, si riempiono di baci sguardi e carezze e vivono un continuo idillio. Sposarsi e avere figli, su “pressione” esterna, è una normale conseguenza. Altra conseguenza sarebbe, come in tante coppie, un affievolirsi della passione, dovendosi dedicare a una nuova vita.

Il libro delle sorelle

E invece no, anzi. La passione cresce di giorno in giorno, lasciando quasi in disparte — come un televisore acceso che nessuno guarda — la piccola Tristane, bimba che impara presto il silenzio e il non disturbare, a discapito del talento che scopre subito di avere ma, proprio per “non disturbare”, è costretta a sentirsi crescere dentro e riservare a sé stessa.

Impara subito a leggere, a scrivere, a capire gli altri, ma comprende anche che non riesce a essere al centro dell’attenzione perché i genitori hanno occhi e pensieri l’uno per l’altro. Il resto, anche senza farlo apposta, è del tutto marginale.

Tristane, perciò, viene temporaneamente affidata alla zia Bobette, donna sconclusionata poco più che ventenne, ma già con quattro figli.

Nella zia, Tristane trova quell’affetto che latita nei genitori, sentendosi per la prima volta accettata e ricercata per quel che è. In più, la nascita della sorellina Laetitia le apre un nuovo mondo, un sistema di affetto unidirezionale verso la sorella ma che diventa presto reciproco e cambia l’universo intero nella vita della bambina.

Custode, maestra, amica, nei primi anni di Laetitia si consolida il ruolo di Tristane. Crescendo, le due sviluppano le proprie peculiarità ma in parallelo resta sempre il legame forte e intenso che si oppone all’assenza dei genitori, sempre impegnati nella lunga luna di miele che stanno vivendo.

Alcuni eventi drammatici, le sofferenze adolescenziali, porteranno il vuoto laddove prima c’era pienezza, saturazione, a tratti anche la felicità.

Amélie Nothomb fa 31, con questo Libro delle sorelle (edizioni Voland), palesemente dedicato al rapporto con la sorella Juliette, come Primo sangue, per esempio, lo era alla figura del padre, o come altri ne aveva dedicati alle sue vicissitudini giovanili, oppure all’infanzia trascorsa in Giappone. C’è sempre qualcosa di vissuto, nei suoi libri.

Fa 31, dicevamo, e fa bene.

Come al solito, il libro nothombiano lo riconosci. Dal taglio, dall’evitare inutili sbuffi e corredi descrittivi, dal discorso che punta dritto al cuore del problema.

Se leggi Nothomb in un periodo in cui ti stimolano gli stili descrittivi, non puoi capirla veramente.

La chiave dell’enorme successo di una scrittrice apprezzata — e venduta — in tutto il mondo sta proprio in questo: nella capacità di essere diretta, di tagliare corto anche sulle sorti dei personaggi senza concedere sconti, perché è la vita che non ne concede, nel parlare di sé e della sua esistenza con un tocco e un tatto particolare, trasfigurandosi nei libri e lasciando che ombre e aloni facciano pensare ad altro. Nel preferire l’ingresso nella stanza buia anziché scappare, perché aggirare l’ostacolo non basta, occorre superarlo e, magari, conviverci.

Il libro delle sorelle parla di talento, di aspirazioni, di musica e anoressia, di amore — in molteplici forme — di inadeguatezza e di fallimenti. Ce ne sono tanti, di fallimenti, anche intorno a noi. Spesso sono inadeguatezze, quando ci si ritrova a dover rivestire un ruolo che non è nostro, per il quale non siamo portati.

Spesso riguardano proprio noi. Ed è proprio quando cerchiamo di fonderci con chi, si spera, ci è più vicino, che troviamo la nostra unicità, la singolarità dell’individuo.

Questo è un testo che si legge veloce, sapido e ricco di sfaccettature. Unica per come sa scavare nei dettagli della società moderna, per come sa aprirsi varchi nella psiche dei personaggi, Amélie Nothomb fa comunque centro anche stavolta, magari lasciando solo un pizzico di perplessità nel finale — ma può essere benissimo una sensazione mia personale.

Un libro da leggere, assimilare, commentare, vivere secondo le proprie convinzioni. Che non è detto siano sbagliate.

Il libro delle sorelle, in questo caso, sarebbe solo una delle tante versioni possibili.

Enzo D'Andrea

Enzo D’Andrea è un geologo che interpone alle attività lavorative la grande passione per la scrittura. Come tale, definendosi senza falsa modestia “Il più grande scrittore al di qua del pianerottolo di casa”, ha scritto molti racconti e due romanzi: “Le Formiche di Piombo” e "L'uomo che vendeva palloncini", di recente pubblicazione. Non ha un genere e uno stile fisso e definito, perché ama svisceratamente molti generi letterari e allo stesso tempo cerca di carpire i segreti dei più grandi scrittori. Oltre che su MeLoLeggo, scrive di letteratura sul blog @atmosphere.a.warm.place, e si permette anche il lusso di leggere e leggere. Di tutto: dai fumetti (che possiede a migliaia) ai libri (che possiede quasi a migliaia). Difficile trovare qualcosa che non l’abbia colpito nelle cose che legge, così è piacevole discuterne con lui, perché sarà sempre in grado di fornire una sua opinione e, se sarete fortunati, potrebbe anche essere d’accordo con voi. Ama tanto la musica, essendo stato chitarrista e cantante in gruppi rock e attualmente ripiegato in prevalenza sull’ascolto (dei tanti cd che possiede, manco a dirlo, a migliaia). Cosa fa su MeLoLeggo? cerca di fornire qualcosa di differente dalle recensioni classiche, preferendo scrivere in modo da colpire il lettore, per pubblicizzare ad arte ciò che merita di essere diffuso in un Paese in cui troppo spesso si trascura una bellissima possibilità: quella di viaggiare con la mente e tornare ragazzi con un bel libro da sfogliare.

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