Lux, di Eleonora Marangoni
Quando la vita diventa un fatto di superficie, per accorgersene e cambiare rotta c’è bisogno di un evento particolare, imprevedibile.
È, in un certo senso, quel che accade a Thomas Edwards, protagonista principale di Lux di Eleonora Marangoni, opera vincitrice della terza edizione del Premio Neri Pozza.
Thomas, architetto italo-inglese che gestisce uno studio di light design e viaggia spesso per lavoro, da quasi un anno frequenta Ottie Davis, una cuoca in carriera che ha un figlio, Martin, di appena sette anni. Ma la sua vita è solo apparentemente vissuta in maniera piena e consapevole.
In realtà, c’è sempre il ricordo ossessionante di Sophie Selwood e di un amore finito che ritorna sempre nelle situazioni e nei pensieri, in quanto lei cerca di iniziare una nuova esistenza, mentre lui non riesce a emergere dal fondo dei ricordi. Il suo, quindi, è un modo di vivere la vita senza approfondire le questioni, senza sforzarsi di capire il senso delle cose che lo circondano.
La vita di Thomas comincia a cambiare quando viene convocato per ricevere l’eredità di uno zio (Valentino Tilli, fratello di sua madre), un lascito quanto meno particolare. Si tratta di un’isola del sud Italia, dove l’eccentrico zio possedeva un albergo malandato – lo Zelda – e una sorgente di acqua minerale che sembra avere proprietà benefiche.
Thomas deve recarsi di persona per concludere la vendita della proprietà appena ereditata, secondo una disposizione voluta nel testamento da parte dello stesso zio.
Appena giunti all’isola, i tre – Thomas, Ottie e Martin – si rendono conto di essere arrivati in un mondo a sé, per molti versi distante da quel che conoscevano. L’albergo è un luogo affascinante, come del resto lo è l’isola stessa, dove si intrecciano situazioni e dialoghi in cui entrano in gioco anche uno scrittore, alcuni caratteristici personaggi del posto e una biologa dal carattere non facile. In ultimo, anche il fantomatico compratore.
Un fine settimana fortuitamente trascorso insieme evidenzierà dei lati nascosti e delle peculiarità caratteriali dei protagonisti, di volta in volta ritagliati con pazienza certosina.
Sarà proprio questo soggiorno, alla fine, a far comprendere a Thomas cose che non era mai riuscito ad afferrare, e a fargli intravedere la strada per porre fine a un certo passato, giocando in modo diverso col futuro.
Nel romanzo, lo vedrà chi avrà piacere di leggerlo, esiste una marea di personaggi. Quasi tutti minori, alcuni ben intagliati ed evidenti, altri meno e in un certo senso artefatti, così come certi dialoghi.
La mira del romanzo è piuttosto ambiziosa. Lo si vede dal modo di scrivere, da certe ricercatezze e raffinatezze che oggi non sempre si trovano nei testi di narrativa, se non in autori di vecchia scuola.
Lo stile è ricercato, dunque. Certo, i riferimenti colti sono buona cosa per un romanzo, soprattutto in uno stile che sembra rifarsi alla tradizione anglosassone, nel dare importanza a certi aspetti, a certe sottigliezze.
Tuttavia, a volte si eccede e in questi casi si rischia di straniarsi dal vivo della narrazione. Forse è questo il gioco intessuto dall’Autrice, in modo da dar più corpo alle atmosfere e meno alla trama, che appare infatti sfuggente, inconsistente.
Quindi, se vi piacciono i romanzi che lavorano sul gusto della lettura, sul fascino del dettaglio, potete ben immergervi in Lux. Se, al contrario, cercate trame forti, che ben emergano al di sopra dello stile, dovreste rivolgere altrove la vostra attenzione.