Mentire alle stelle, di Alexandre Chardin
Scrivere per ragazzi non è mica facile. Bisogna azzeccare il tema, e una volta azzeccato il tema occorre indovinare lo stile, la forma più immediata e corretta per parlare al loro cuore e alla loro mente. Oggi, si sa, si è distratti dalla tecnologia imperante che dissocia, riduce a poco più dell’essenziale i dialoghi tra simili, estranea dalla realtà e dalla fantasia.
Però ci sono storie che superano questi ostacoli, e si fanno leggere.
Sfido chiunque a non aver mai vissuto — o aver mai sentito di altri che ne hanno vissuto — esperienze di cattivo adattamento a un cambio di scuola, quando ci si sente proiettati in una realtà che fa paura.
L’esperienza di cui parlo può essere qualunque, ma nel caso di ragazzi spesso lo diventa un ambiente che dovrebbe tranquillizzare, come quello della scuola.
Mentire alle stelle (Il Barbagianni editore, traduzione di Alberto Masala) è la storia di un ragazzino, Léon, che si trova catapultato in prima media, e avverte su di sé tutto il disagio fisico e mentale che questa cosa comporta. Magari, in un tipo schifosamente normale, tutto ciò sarebbe una sciocchezza.
Léon, però, non è schifosamente normale. Anzi, pur essendo normale, è anche un ragazzino particolare. Soffre, tanto per cominciare, dell’asfissiante attenzione della mamma, apprensiva per un problema che Léon ha avuto da piccolo, e che non ha ancora realizzato che il figlio deve camminare, magari incespicare, ma con le sue gambe. Quest’ansia della madre, ovviamente, si è trasferita al figlio, condizionando il suo approccio alla vita e rendendogliela più complicata di quanto già non possa essere. Il padre di Léon, per sua fortuna, non è afflitto da queste ansie, e diventa per il figlio quasi un amico a cui confidare i problemi.
Léon, però, non è solo questo. È un ragazzino ultrasensibile, ama gli animali di ogni tipo, arriva a distrarsi per il volo di una rondine, per osservare la passeggiata di un ragno, o a scostare un ragazzino più grande affinché non calpesti delle formiche. Allo stesso tempo, si estranea e viene considerato poco più di uno stupido, maltrattato dai più grandi – oggi va di moda il termine “bullizzato” — e questo non fa che accrescere la sua ansia, il suo mal di pancia davanti a situazioni che gli sembrano insostenibili.
Questo, per fortuna, non è destinato a durare. Esiste sempre una svolta, e per il ragazzino si presenta nelle vesti di due figure femminili.
La prima è Salomè, una ragazzina più grande che compare all’improvviso nella sua vita, come se venisse dal nulla. Salomè ha una silhouette non certo invidiabile, ma questo non sembra essere un problema, e si mostra sufficientemente sbarazzina da aprire gli occhi a Léon, diventando una sua voce amica, e convincendolo a mettere da parte le paure, ad affrontare la vita con coraggio.
La seconda figura femminile di cui parlavo è invece Marguerite, o Margot, una ragazzina di colore che pian piano fa breccia nel cuore di Léon.
Il resto? La vita di tutti i giorni, un’esperienza dopo l’altra, e delle pagine finali sorprendenti e ben scritte, nelle quali la maturazione di Lèon procede, attraverso alti e bassi, acquistando un senso e una dimensione.
Che dire, ragazzi?
Mettete da parte tablet e smartphone, e concedetevi qualche ora di lettura. Ci troverete tante situazioni che avrete di certo già visto, e uno scrittore – questo Alexandre Chardin, un simpatico signore con l’aspetto del comico degli anni trenta – che vi racconta una bella storia con un linguaggio schietto, affatto difficile.
Una storia che, aggiungo infine, insegna molto.
A chi vuole, ovviamente.
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