Mr. Holmes, il mistero del caso irrisolto
Sherlock Holmes lo conosciamo (inutile negarlo), e con esso le cervellotiche e intriganti avventure che il genio letterario di Conan Doyle ha lasciato a tutti noi.
E poi, tanti seguiti, seguaci e imitazioni. Alcune intriganti, alcune pessime, ma sempre mosse da un immenso amore per il personaggio.
Mitch Cullin riesce, diciamolo subito, a dipingere uno Sherlock fuori dai canoni e dal tempo, consegnandoci una creatura che stravolge tutto (o quasi) quello che credevamo di sapere. Da un certo punto in poi, vive di vita propria.
Il mitico investigatore di Baker Street lo ritroviamo nel Sussex, dove si è ritirato in compagnia della governante Mrs. Munro e del suo figlioletto Roger. L’anziano signore, ormai novantatreenne, cerca di lenire i mali della vecchiaia con rimedi naturali che ne conservino il più possibile lucidità e freschezza.
Da circa quarant’anni coltiva la passione per l’apicultura, iniziata in occasione di una particolare ultima indagine che, a causa della memoria vacillante e dei vuoti temporali, non riesce più a ricordare in pieno. Ed è proprio questo l’assillo che lo coglie quando, insoddisfatto della versione fornita dall’ormai defunto amico Watson, sceglie di crearsene una personale.
Grazie all’aiuto del piccolo Roger (che lo ammira e si appassiona ben presto, grazie a due api che Holmes ha importato dal lontano Sol Levante, ai suoi alveari), Holmes riesce a risalire al finale della storia dimenticata e mai risolta: la protagonista era una donna del tutto particolare e raffinata, una donna che a un certo punto l’aveva stregato con i suoi modi eterei e apparentemente senza senso. Il finale, invece, si rivela qualcosa che lascia l’amaro in bocca.
Ma l’Holmes di Cullin non è solo questo.
È un uomo anziano che ricorda passaggi del soggiorno in Giappone, e in tali ricordi affiora l’insegnamento della filosofia orientale, quella dolcezza e quel profumo delle lontane terre nipponiche, in cui egli ha imparato ad apprezzare una nuova dimensione della vita.
Holmes mette progressivamente da parte l’arida fertilità di ragionamento e l’acutezza esclusiva dell’indagatore, per divenire più umano, dolce e triste allo stesso tempo.
Davanti alla tragedia in agguato, all’assurdo dietro l’angolo, egli non può contrapporre che la labilità dei ragionamenti, seppur perfetti e conclusivi. Egli deve comprendere quanto inutile sia il dolore e quanto inutile sia la soluzione senza poter, insieme, tornare indietro per impedire certe cose.
Un libro che si snoda sicuro e palpabile, con più chiavi di lettura. Una riflessione sull’età che porta con sé cambiamenti, il disfacimento del fisico e della mente e la strenua lotta per restare se stessi. E con essa viene meno anche la talvolta antipatica sicurezza e perfezione dell’originale investigatore conandoyliano.
Un magistrale Ian McKellen lo interpreta nella trasposizione cinematografica di recente nelle sale, in un film che a momenti esterna l’atmosfera del libro. Nel romanzo, la scrittura di Cullin a volte sopravanza l’effetto e l’importanza della stessa vicenda.
E leggere, diventa un puro e semplice piacere.