Nero ananas, di Valerio Aiolli
…Tutto comincia un secondo dopo il botto. Il botto che ha cambiato l’Italia, che ha chiuso l’età dell’innocenza e aperto la strategia della tensione...
Il nero, il buio ovunque, è la tinta che drappeggia le pagine di questo bel romanzo – ma forse non è solo un romanzo.
Nero ananas può essere definito come un intreccio voluto per raccontare quattro anni della storia del nostro Paese, un modo a più voci per ripercorrere alcune delle pagine più nere — appunto — della nostra repubblica. E per farlo senza cadere negli stereotipi, senza abbandonarsi a giudizi anche involontari, cercando di parlare sì dei fatti nudi e crudi, ma anche di dar risalto ad aspetti spesso sottovalutati o elusi volutamente.
Valerio Aiolli, valente e scafato scrittore fiorentino, riesce nel difficile lavoro di dipingere quelle stesse nere pagine con l’approccio del ricordo, del dettaglio, ma senza sprofondare nel cattedratico. Anzi, al contrario, fa un buon uso della quotidianità delle vite comuni, calandosi nella vita propria di figure che in quel periodo rivestirono un ruolo importante o che, magari, sono proprio come noi al mattino quando ci alziamo e guardiamo allo specchio, scoprendoci diversi da come ci siamo sempre immaginati. In questo modo, riesce a raccontare laddove sarebbe stato temibile inoltrarsi, a rischio di perdere interesse per il raccontare. E, se lo scrittore perde l’interesse nel raccontare, come può pretendere quello del lettore nel leggere?
A suo rischio – calcolato – Aiolli parte da Piazza Fontana, da quel 2 dicembre 1969 che inaugurò una nuova dimensione per l’Italia, quella della tensione, della paura dei luoghi affollati, quella in cui l’estremismo politico (destra o sinistra poco importa) uscì dalle stanze dei palazzi del potere per riversare le proprie contraddizioni, le proprie velenose violenze, in mezzo alla gente comune. Quella in cui si cominciò a fare del male. Sul serio. Anche se in nome di un’idea.
Estremisti di destra che tramano nell’ombra, un anarchico che fugge di città in città, di nazione in nazione, alla ricerca di un proprio riscatto. Non solo. C’è anche un uomo politico molto devoto — lo chiamano il Pio — che non si ha difficoltà a identificare in Mariano Rumor, presidente del Consiglio in quegli anni, nonché rappresentante di spicco della Democrazia Cristiana. Un politico dipinto come una persona, con le angosce e i dubbi, con le aspirazioni e i tentennamenti normali in chi si trova ad affrontare problemi e situazioni difficili. E l’Italia, in quegli anni, difficile lo era davvero.
E poi c’è la figura di un ragazzino, uno dei tanti che in quegli anni stentavano a capire. Sua sorella molla la famiglia e scompare, e lui farà di tutto per riuscire a ritrovarla. Le vicende di questo ragazzo, descritte con estrema capacità evocativa, ci aiutano a percorrere il resto della strada, quella che porta i destini dei personaggi a una data — il 17 maggio 1973 — e a un luogo — Milano, la Questura — dove si scrivono degli epitaffi, e dove ci si rende conto che il Paese è davvero cambiato.
Nero Ananas, uscito per Voland e finalista del Premio Strega 2019, è sicuramente un testo dalla forte carica emotiva, che racconta pagine di storia con dovizia e tatto. E la storia raccontata così, a mia memoria, non si incontra poi così spesso.
Una lettura da cercare e fare propria.