Nessun nome per Emilio, di Fabio Morabito
Accostarsi alla letteratura centro sudamericana richiede — almeno al sottoscritto, agli non saprei dire con certezza — sempre una certa dose di preparazione “pre-lettura”. Occorre immergersi in una preventiva sauna di surrealtà, di morboso fluire delle parole per capire che le stesse storie, raccontate in un altro posto della terra, non avrebbero lo stesso sapore.
Nessun nome per Emilio, romanzo di Fabio Morábito — nato da genitori italiani in Egitto, ma di fatto messicano a tutti gli effetti dalla prima adolescenza — possiede tutti i requisiti della letteratura vibrante dell’America Latina.
Non solo. Si tratta forse dell’ennesimo romanzo di formazione, è vero, ma un romanzo di formazione così particolare da far incuriosire anche i più scettici.
Emilio è un bambino che vive con la madre separata in una casa in prossimità di un cimitero. Emilio è solo, non ha amicizie, e in un modo o nell’altro cerca di sopperire a questa mancanza gironzolando per il cimitero, mettendo a frutto la propria incredibile memoria e giocando con un improbabile — non di certo per un bambino — “rivelatore di barzellette” alla ricerca delle stesse proprio lì, nel luogo in cui meno ci si aspetterebbe di trovarne e in cui più sarebbero fuori contesto. Ma questa è solo una delle trovate umoristiche con cui Morábito arricchisce un testo limpido, chiaro e intrigante.
Emilio, curiosamente, si trova a stringere i primi rapporti solo con adulti. La strana e intrigante Euridice, per esempio, donna che gli svela i primi pruriti sessuali senza però travalicare tale confine. Emilio inizia a percepire, grazie a lei, anche il curioso rapporto con la fisicità di sua madre, mai vista sotto questo aspetto. Il tutto, però, guardato senza la malizia dell’adulto bensì con la tranquilla e ingenua visuale del bambino che infatti, per tutta la durata del romanzo, pensa e ragiona e parla come un bambino — curioso, impertinente, sensibile — e pertanto allontana dal testo quella morbosità che invece permane latente nel lettore.
L’erotismo sottaciuto nelle parole, nella narrazione, è uno dei tanti aspetti tipici della letteratura latino-americana, non c’è dubbio. Ma il tocco di Morábito, nell’evolversi dei fatti che porteranno ai primi passaggi di crescita di Emilio e ad alcune, inevitabili, disillusioni, appare sufficientemente originale per staccarsi dai canoni e assumere i connotati di una voce personale. Con l’umorismo e la semplicità, per esempio, si riescono a descrivere alla perfezione e senza eccessiva pesantezza anche le atmosfere all’apparenza più imbarazzanti, come le prime attrazioni per il corpo altrui, il giudizio dei “grandi” sulle proprie azioni, una certa perdita di innocenza inevitabile nei contatti prolungati con gli adulti, le gelosie, gli inganni, le cattiverie.
Al lettore, poi, lancio la sfida a trovare un giusto confronto con altri testi simili — per base e tematica, non certo per trama e sviluppo — diffusi nella letteratura di tutto il mondo.
A me, invece, basta averlo letto.