Nuova uscita per Marcos y Marcos: La libertà è un passero blu, di Heloneida Studart
“Ci saremmo immersi fino alla vita nell’acqua scura. Lui avrebbe lanciato molliche di pane nei punti più profondi, mettendosi un dito sulle labbra, perché la mia voce non spaventasse i grandi crostacei azzurri. Il vento arido gli avrebbe scompigliato i capelli. Avremmo condiviso il silenzio salato della notte e la presenza palpitante delle stelle“.
Sulla costa nordorientale del Brasile, donna Menina domina uomini e terre dalla sua villa rigogliosa. Né l’arcivescovo, né il governatore, tanto meno le figlie sottomesse osano opporsi al suo volere. Soltanto Marina, nipote adorata, non cammina per casa in punta di piedi, nel timore perenne della nonna centenaria. Lei ha conosciuto altri mondi, si è scontrata con paura più crude. Con João, Marina aveva esplorato i giardini abbandonati della città vecchia, il porto con le navi cariche di sacchi di cotone, il quartiere dei bordelli. Aveva pescato i granchi a Jaçanã, nel silenzio salato della notte. Si era sentita scorrere il sangue nelle vene come un vino tiepido. Adesso João è in carcere per aver gridato che i poveri pagano per tutti, per aver scritto sui muri che il passero è un uccello blu. Marina, tenera e ostinata, lancia appelli, va a trovarlo ogni sabato con un vassoio di biscotti fatti in casa. Le dicono che João non potrà mai corrispondere il suo amore, che non potrà mai amare una donna. Le dicono che il bellissimo forestiero giunto da poco alla villa è stato l’amante di João. Marina accusa il colpo fin sotto l’ombelico, come se le avessero spaccato le viscere. Ma il suo amore non muta, non muore… Una favola, un romanzo politico, una storia d’amore.
“Era stato lui a farmi conoscere la città. Ci incontravamo ovunque, come per caso. Ora davanti alla porta di un bar, dove gli uomini bevevano succo di canna da zucchero e infusi d’erbe, ora al vecchio mercato, pieno di venditori di noci di cocco, accovacciati sulle stuoie, di baracche di selvaggina affumicata, dove c’erano sempre filamenti d’agave fumanti affinché i passanti potessero accendersi una sigaretta”.
L’autrice. Heloneida Studart nasce a Fortaleza, nel Nordest del Brasile, nel 1932. Unica femmina di cinque figli, lascia giovanissima la città natale e le costrizioni di un’educazione rigida e conservatrice per trasferirsi a Rio de Janeiro e intraprendere la sua carriera di giornalista e attivista politica. Paga con la persecuzione e il carcere, durante la dittatura, il suo impegno contro ogni forma di discriminazione e di oppressione. Dal 1978, continua la sua militanza come deputato per il Partito dei lavoratori brasiliano. Dice di essere diventata femminista alla faccia di una zia che ripeteva sempre che le donne non hanno volontà, e scrittrice per le tante ore trascorse in cucina, con la vecchia domestica nera, ad ascoltare leggende favolose, piene di orrori e sensualità. Dice di aver sempre lottato per una pace che sia libera coesistenza tra diversi, nel rispetto delle reciproche diversità. Heloneida Studart è morta nel dicembre 2007. Il governatore di Rio de Janeiro ha disposto tre giorni di bandiere a mezz’asta in memoria del deputato di sei legislature, della pioniera del movimento femminista, della scrittrice e della donna forte e generosa.