Pepi Mirino e l’invasione dei P.N.G. ostili
Più passa il tempo, e più ci accorgiamo di come la vita reale si mescoli sempre più con quella virtuale. E così, riusciamo a visitare mondi lontani nello spazio e nel tempo, vedere cose strane e inimmaginabili senza spostarci di un centimetro da casa nostra.
E se la realtà smettesse di essere virtuale e si materializzasse dal nulla, magari non proprio nei suoi aspetti più benevoli? È questa la domanda che immagino si sia posto, come tanti, Cristiano Cavina, nel progettare e scrivere il suo romanzo per ragazzi Pepi Mirino e l’invasione dei P.N.G. ostili (Marcos y Marcos). E cosa c’è di più virtuale dei videogiochi?
Credo sia successo più o meno in questo modo. Cavina si sarà chiesto: cosa succederebbe se all’improvviso i personaggi dei videogiochi sconfinassero nella realtà, mettendo in subbuglio le nostre certezze e quel pizzico di sanità mentale che tenta di sopravvivere in ognuno di noi?
È proprio quel che accade in questo romanzo, in cui protagonisti quasi assoluti sono i ragazzini che compongono il Club dei cecchini – Sofi, Giamma, Santino e, soprattutto, Pepi Mirino, al secolo Pietro Morini ma diversamente chiamato per la passione smodata per i fucili giocattolo – che si trovano a fronteggiare la misteriosa materializzazione di individui che sembrano riproduzioni in grande dei personaggi di giochi virtuali (Clash Royale, GTA, ecc.).
Pepi, figlio di genitori separati, è andato a dormire dal papà – detto il Primo ingegnere per la sua abilità con le tecnologie, e inaspettato uomo chiave della trama – a casa di nonna Leda. Da sua nonna, Pepi apprezza la campagna e la possibilità di dormire in canottiera e pantaloncini, ma
…solo il mercoledì notte, quando era su al Borgo dal babbo, perché in città la Dottoressa lo avrebbe spolpato vivo, se ci avesse provato. Come tutte le mamme, lei era estremamente sensibile a tutte quelle cose sul prendere freddo e farsi male. Era certo che la Dottoressa passasse le sue giornate a immaginarlo ammalarsi o morire in mille modi diversi…
Tutto comincia con un bagliore e un grosso rumore, un albero che cade e la falsa credenza che sia stato il vento a buttarlo giù. Colpa dei grandi, che forse non hanno fantasia. Ma allora, se non è stato il vento, che cosa ha buttato giù quell’albero?
E qui, come si deve a un onesto romanzo che possa catturare l’attenzione dei più giovani, entrano in gioco i ragazzi del Club, con le loro folli fissazioni, la furbizia e le congetture che ingigantiscono ogni cosa.
Tranne una: i P.N.G. (Personaggi Non Giocanti) che nel mondo dei videogame sono tutti i personaggi gestiti dal programma e non dal giocatore, e soprattutto quelli ostili, cioè quelli che ostacolano il gioco del protagonista, esistono davvero. Un’esistenza effimera, ma traumatica per chi ha la sfortuna di imbattervisi.
… Il primo a sconfinare nel mondo reale fu un Mini P.E.K.K.A. di Clash Royale. Uscì come una nebbiolina dal foro delle cuffie del tablet ancora acceso, lasciato a ricaricarsi sul bracciolo del divano…
L’idea di Cavina, devo dirlo per onestà – ma non sarebbe potuto essere altrimenti – non è originalissima. Già in altri libri, fumetti, film ecc. mi è capitato di leggere cose simili, ma ciò non inficia l’efficacia della narrazione, il ritmo e il piacevole odore di mistero che aleggia dall’inizio alla fine del romanzo.
Il portale extra dimensionale, in questo caso, è un comunissimo tablet, che diventa strumento di preoccupazione, un oggetto da sorvegliare a vista, in attesa di capire come si sia – e chi abbia – innescato il preoccupante fenomeno.
Tra mille colpi di scena, humour e divertimento, il romanzo ci fa scapicollare fino all’ultima pagina.
Che, tra l’altro, è solo l’antipasto per il seguito: Pepi Mirino e la macchina del buio.
Buona lettura, intanto, con questo primo, entusiasmante capitolo.