Recensione: Come vivere su un’isola vicino alla luna, di Daniele Cutali
Un libro, di per sé, è già un potente strumento per evadere dalla realtà.
Se non fosse così, non potremmo portare con noi un bel volume, aprirlo in un pomeriggio d’estate e, una volta poggiate le spalle sulla corteccia di una grande e frondosa quercia e godendo della sua ombra, immergerci nella lettura e dimenticare le ore che fuggono via.
E, soprattutto, lasciare alla fine a malincuore quella suadente attività, scendere dallo scoglio su cui ci siamo rifugiati per tornare sulla terraferma, dove ci attende spesso una realtà molto diversa, spesso desolante, sicuramente riduttiva delle nostre potenzialità.
Se poi, in aggiunta a ciò, si pensa che il libro si basa proprio sulla possibilità di evadere dalla realtà, a quel punto il tutto è destinato a filare a meraviglia.
Dedicato a chi sogna a occhi aperti, recita una scritta sulla copertina di questo libro di racconti.
Sette pillole di saggezza mascherate con godibili trame fantastiche (il termine fantasy puro può essere applicato ad alcuni racconti più che ad altri; io preferisco il termine italiano, più generale, che evoca il contenuto surreale a discapito del contesto temporale e di costume) che pongono sull’altare dell’attenzione del Divino Lettore (che bello essere definiti così, no?) tematiche legate alla diversità, all’introspezione e al disagio di una vita secondo regole imposte, certificate, omologando gli uni agli altri.
Come non compiacersi delle storie di gente comune che si trova proiettata di colpo in altre realtà, o che comunque ci viene a contatto con tutti i risvolti e le conseguenze?
Inoltre, in alcuni racconti affiora anche un dilagante lato intimistico in cui si apprezza tutta la sensibilità dell’Autore.
E il tutto, occorre riconoscerlo, condito da un linguaggio ricercato, che spazia in mezzo ai termini di un vocabolario vasto, alla ricerca del più adatto ma senza inficiare la leggibilità.
Infatti, a tratti è proprio il linguaggio adoperato che consente di cogliere il vivo della narrazione, a distinguere i picchi dalle valli e a sentir fluire la lettura senza sforzo.
L’Autore è un esordiente e, fatte alcune risicate eccezioni, poco si nota.
Passaggi a vuoto davvero non se ne trovano, manco a cercarli col lanternino. Certo, qualche smussatura qua e là non farebbe che migliorarne la qualità, ma chi può impunemente sostenere di rasentare la perfezione?
D’altra parte, i gusti sono gusti, e a volte basta e avanza.
Non menzionerò uno a uno i racconti, perché non mi è mai piaciuto creare un elenco e analizzarlo come un freddo dato di laboratorio. Piuttosto segnalerò ciò che mi ha più colpito. E parto dal racconto più intimo, quel Il padre che vedevo distante che è un toccante saggio dell’analisi di un rapporto padre-figlio, per poi recarmi nel mondo della fantasia artificiale, creata dalla nostra mente e portata ai limiti tali che non si distingue più l’una dall’altra: Fantàsya, la fine del mio mondo. O ancora Il magico fantasma del mio Natale, che prende spunto dal famoso scritto dickensiano per poi seguire una strada originale ed emblematica.
Per quanto concerne il resto, consiglio la lettura e la lenta scoperta di questo libro, disponibile anche in versione ebook: magari qualcuno trarrà conclusioni differenti dalle mie, ma sarà difficile chiudere il libro e restare del tutto in…differenti.