Recensione: Figli di B. ad una voce per il teatro, di Carlo Coppola
La collana “Palcoscenico” rende un omaggio alla genialità di un grande uomo di teatro del ‘900, offrendo la possibilità ad alcuni autori di dare nuova voce a Carmelo Bene. Edito dalla Falvision editore, ecco dunque Figli di B. ad una voce per il teatro. A scegliere e curare i brani è stato Carlo Coppola, drammaturgo, autore e videomaker di alcune sceneggiature. Questa raccolta di testi ricalca la grande passione di Bene per la sua terra d’origine, cioè la Puglia, e la potenza della forma dialettale nei dialoghi tra i suoi personaggi, la continua combinazione di dialetto e linguaggio aulico, lasciando da parte coerenza tematica o stilistica per far sì che ogni scrittore possa assumersi la responsabilità, l’onore e l’onere del proprio lavoro. Le scritture di servizio e scritture per la scena sono state tutte rappresentate, hanno preso vita, prima su palco e poi tra le nostre mani, su carta.
Bisogna sottolineare che questi drammaturghi e registi che hanno collaborato alla realizzazione di queste pagine hanno fatto un duro lavoro di scrittura per rendere al meglio la vicinanza stilistica delle opere alla resa di Carmelo Bene. Le sperimentazioni straniere hanno per Bene notevole importanza, in quanto egli stesso, come ci ricorda Antonella Gaeta nell’appendice da lei curata, aveva dichiarato in sede d’intervista di non sentirsi tanto italiano quanto più arabo.
Per la sezione Teatro della raccolta troviamo Roberto Latini, che offre due testi ed è uno degli eredi più brillanti di Bene: il personaggio di Lucignolo, già portato in scena dal grande attore, acquista nuove sfumature e diviene lo specchio del malcontento della società moderna. Mariano Demmacco, regista, autore e drammaturgo, che decise di laurearsi con una tesi su Carmelo Bene, nel testo che offre sottolinea il profondo liricismo del drammaturgo. Vincenza Di Vita attualmente lavora su un progetto di ricerca su Carmelo Bene e anche lei, nel suo testo, sottolinea la ripetizione nei versi e la ridondanza come a voler porre nuova luce su questi elementi, rinnovando l’apprezzamento per la loro grande musicalità. Il ritmo binario di differenze e ripetizioni lo troviamo anche nel lavoro di Carlotta Vitale, responsabile del “Gommalacca teatro di Potenza”.
Nella sezione Musica lo spartito curato da Giuseppe De Trizio sottolinea il ruolo fondamentale che Carmelo Bene dava alla musica, mentre nella sezione Cinema vengono presentati i testi di Pierluigi Ferrandini, che con il suo “Oroverde” , dove poesia e dialetto conferiscono al testo una cornice quasi surreale, è candidato ai Nastri D’argento 2013. Infine, “Una passeggiata” è il testo che Carlo Coppola offre per ricordare il legame tra Carmelo Bene e Aldo Moro, uno spaccato sui ricordi dell’infanzia di Bene: i personaggi si manifestano attraverso piccoli episodi caratteristici.
Figli di B. è un testo adatto agli appassionati di sceneggiature, ma anche a chi vorrebbe saperne di più sulle particolarità di uno dei migliori attori, drammaturghi e registi del ‘900, per indagare su quella personalità così particolare e sfuggente racchiusa in un uomo che per il teatro è morto e resuscitato attraverso i suoi personaggi.