Ridateci i sogni, di Peppe Lanzetta
Una straordinaria raccolta di ballate che Lanzetta ha scritto, letto e interpretato con passione e rabbia prima di trasformarle in un libro
Più che uno scrittore, Peppe Lanzetta è un poeta mediterraneo. Ha scritto le ballate di Ridateci i sogni (Feltrinelli) dopo averle recitate e trasformate in performance. Pagine, le sue, scritte in gran parte in lingua napoletana, alcune dedicate alle persone che ha incontrato negli anni del suo percorso artistico: Antonio Sassolino, Franco Battiato, Erri De Luca, Alberto Bevilacqua, Maurizio Costanzo, Renzo Arbore, Michele Santoro, Antonio Girelli, Enzo Gragnaniello.
Lanzetta scrive di pancia, lasciando cadere le parole sulla pagina come si lascia cadere una bomba, ma allo stesso tempo trasmette speranza, porge un dono. Ci racconta di vite malvissute, di sbronze, di gesti disperati, di utopia e rabbia, di amori che salvano e amori che distruggono, inventa personaggi, disegna ritratti di amici.
All’interno dei suoi racconti troviamo spaccati di vita su eventi che hanno scosso la coscienza civile: dalla Genova del G8 all’attacco alle Twin Towers passando per la guerra in Afghanistan. La realtà che racconta è nuda e cruda, riproposta senza fronzoli né censure ma con la rabbia di chi all’io sembra sempre contrapporre un grande ‟noi”, un coro mediterraneo che chiede la restituzione dei propri sogni rubati con la stessa urgenza con cui si chiedono giustizia e libertà.
Al centro vi è sempre l’immagine della sua Napoli, crudele e marginale, che fa affiorare magistralmente con i versi e la musica lasciando trasparire tutta l’energia, la malinconia e la passione proprie della città e dell’animo dello scrittore. I temi affrontati sono quelli dell’attualità, della cronaca, della storia recente, in una continua tensione narrativa. Tutti i racconti, senza eccezione, si rivolgono direttamente allo stomaco del lettore, scuotendolo in un turbinio di emozioni che non possono lasciare indifferenti: ogni ballata, tra cui “Ridateci i sogni”, “Io non posso star zitto”, “Sarno song”, “I treni di notte”, risaltano per le parole ripetute, per i turbamenti che suscitano, i ricordi che riportano a galla e per tutto quel che rimane impresso nella mente di chi legge.
La scrittura di Lanzetta talvolta è contrassegnata da una ritmica incalzante e le parole assomigliano a dei colori che lo scrittore usa come un pittore espressionista, tratteggiando l’immagine di un’esistenza marginale e crudele. Quando invece lascia correre a briglia sciolta il suo io, si sente la forza di una passione che urla di rabbia e cerca lo spazio del sogno.
Lanzetta è uno scrittore nudo, crudo, vero. Rileggendo le sue ballate si ha l’impressione che ci sia sempre una parola, un’espressione, un elemento sfuggito alla prima lettura e che arricchirà l’analisi finale. Con la sua penna, l’autore ci costringe a sentire il bisogno di volere e dover continuare a sognare.