Straniera, di Pamela Schoenewaldt
“Irma, non morire tra gli stranieri.”
Questa è la storia di una donna e di come spesso la vita non va come vorremmo; il più delle volte, in realtà, non va neppure come ci aspettiamo che possa andare.
Questa è la storia di un lunghissimo viaggio: due continenti, un oceano, oltre ottomila chilometri separano la piccola cittadina rurale di Opi dalla grande America.
Ed è la storia di una vita, quella di Irma Vitale, una giovane contadina abruzzese dell’Ottocento che, dopo aver perso i più cari affetti, s’imbarca alla ricerca di un nuovo futuro, un nuovo lavoro, un Nuovo Mondo.
Straniera, primo romanzo di Pamela Schoenewaldt edito in Italia (Ianieri edizioni, traduzione di Maria Baiocchi e Anna Tagliavini) è una storia struggente per il suo realismo quanto cara al cuore nei toni dell’autrice americana.
Uno stile diretto, quasi famigliare, accompagna i passi di Irma nel resoconto di una vita che non lascia mai da parte la verosimiglianza: la protagonista di Straniera è una donna alla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo, una giovane insicura, alle prese con città troppo grandi, pericoli imprevisti, amare delusioni e lente risalite.
Il viaggio di Irma, da Cleveland a San Francisco, passando attraverso Chicago, è prima di tutto un’avventura alla scoperta della realtà, di quella vita che si staglia davanti all’improvviso, come un pugno nello stomaco, lasciando senza fiato e scompigliando ogni progetto, ogni sogno, ogni speranza.
Nel mezzo un caleidoscopio di personaggi, ognuno con il proprio fardello da portare sulle spalle, un’umanità fatta di combattenti e vili, “poveri diavoli” e dispotici arricchiti, amanti perduti e compagni inaspettati.
Un romanzo che riesce ad essere un inno al senso di appartenenza ed al contempo al viaggio, perché nella vita siamo tutti viaggiatori alla ricerca di un ritorno a casa.
“Là non c’era più posto per noi, eppure quella era casa, intessuta in profondità nella nostra carne.”