The five people you meet in heaven, di Mitch Albom
This is a story about a man named Eddie and it begins at the end, with Eddie dying in the sun. It might seem strange to start a story with an ending. But all endings are also beginnings. We just don’t know it at the time.
Questa è la storia di un uomo chiamato Eddie e comincia dalla fine, con Eddie che muore sotto il sole. Potrebbe sembrare strano iniziare una storia dal finale, ma ogni fine è anche un principio. Solo che, quando sopraggiunge, lo si ignora.
Questa è la storia di ciò che accadde a Eddie dopo la sua morte, avvenuta il giorno del suo ottantatreesimo compleanno, all’interno del parco divertimenti nel quale aveva lavorato per tutta la vita; è la storia di ciò che incontrò da quel momento in poi, delle persone con le quali parlò nel corso del suo viaggio; è la storia di un “dopo” che narra una vita intera, degna di un moderno Forrest Gump.
Mitch Albom, già famoso al grande pubblico italiano per I miei martedì col professore, affronta un tema difficile, inducendo il lettore a riflettere. Lo fa con una prosa delicata, quasi poetica: perfetta per raccontare anche la più grande paura dell’uomo, ovvero la morte.
In The five people you meet in heaven (tradotto in Italia da Adria Tissoni per le edizioni BUR col titolo Le cinque persone che incontri in cielo) l’autore dà vita ad un paradiso tanto vivido da sembrare la perfetta conseguenza di ogni vita, un domani dopo la morte nel quale ogni esistenza acquista significato in relazione a un disegno più grande, ogni azione compiuta influenza tanto chi ci sta accanto quanto sconosciuti, ogni evento è in grado di formare maree capaci di cambiare il futuro del mondo:
The world is full of stories, but the stories are all one.
[…] e il mondo è pieno di storie, che in realtà sono sempre la stessa.