Tuono, di Ulf Stark
Ogni tanto, e mai troppo poco, penso alla mia infanzia. E alla prima adolescenza. E agli album di figurine che, come milioni di altri bambini e giovani adulti, ho tenuto tra le dita, sfogliato, odorato (eh, sì, perché profumavano che era una bellezza!). Voi direte: cosa c’entra?
C’entra, c’entra. Innanzitutto, quando le figurine erano poche mi divertivo a immaginare cosa ci sarebbe stato dietro a quegli spazi bianchi da riempire. E lì partiva un giro di immaginazione, coi sensi inebriati dai colori vivi, da quelle pagine lisce e scivolose (solo in seguito ho appreso che si dice “patinate”). Un’immaginazione che giocava con la semplicità. Avevi tutto in poche pagine, e non c’era mondo abbastanza grande da non poter essere esplorato, giorno e notte.
Torniamo all’oggi, e al libro che ho appena finito di leggere. Ogni tanto, mi concedo una divagazione nella letteratura per più piccoli, giusto per convincermi che gli anni non passano e almeno metà di me resta bambina. E il bello è che ci riesco pure..
Ecco, è proprio la semplicità ciò che mi ha colpito di questo Tuono, scritto da Ulf Stark, un pluripremiato autore svedese (ahimè, non più tra noi) e uscito in Italia per Iperborea, con traduzione di Laura Cangemi.
Mi ci sono avvicinato cercando – inconsapevolmente – quell’intima complicità che avevo da bambino coi fumetti (a proposito, come ignorare le stupende illustrazioni di M.G. Petterson?) e coi pochi libri che riuscivo a comprarmi. E posso dire, a lettura ultimata, di averla trovata.
Tutti, da piccoli, abbiamo avuto timore di qualcosa e, spesso, di qualcuno. Magari, un gigante. Perché no?
Salvo poi scoprire, per fortuna, che quel qualcuno o qualcosa era tutto frutto della nostra immaginazione, e che non c’era nulla da temere.
Tunesson, detto Tuono, sembra fatto apposta per spaventare:
…Poco lontano da noi abitava un gigante di nome Tunesson. Bastava andare dritto e poi girare in una via a sinistra e si arrivava a casa sua. Ogni tanto ci andavamo, quando ci veniva voglia di prenderci uno spavento. Era l’uomo più terrificante di tutto il quartiere. A vedere com’era ben tenuta la sua casa non lo si sarebbe mai detto. Era intonacata di bianco, con i telai delle finestre azzurri.
«Tunesson», si leggeva sulla cassetta delle lettere appesa al pilastrino del cancello. Noi però lo chiamavamo soltanto Tuono. Era moro, chiassoso e pericolosissimo. Quando apriva la bocca i denti d’oro mandavano lampi. Gli avambracci e il dorso delle mani erano coperti da una coltre di peli ricci. Perfino dal naso e dalle orecchie gli spuntavano ciuffi di peli ispidi. La testa, invece, era pelata, e lui se la copriva con un basco nero da cui si levava una specie di picciuolo alto e diritto.
«È un’antenna», mi spiegò una volta il mio amico Bernt. «Così può parlare con gli altri giganti. La usa al posto del telefono.»…
Ulf e Bernt sono i due protagonisti di questo libro divertente, dove niente è come sembra ma ci vuole tempo per capirlo. Ulf è affascinato da Bernt, un tipo che ne scova ogni volta una e non è detto che dica sciocchezze. Tuono, invece, gli fa paura, eppure diventa una inevitabile fonte d’attrazione per i due. Sarà il tempo a mostrare che forse non è proprio come sembra.
Ama la musica, Tuono, e resta incantato ad ascoltare quando la mamma di Ulf – altra splendida sognatrice in questo libro di sognatori – suona il piano.
Raccontare la trama è però cosa che a me non piace, perché chi si incuriosisce ci trovi il proprio gusto a scoprirla. Perciò basta così.
Ulf Stark, ancora una volta, rivela un talento e una grande semplicità (un’ultima volta… poi non uso più questo termine, lo prometto!) nel narrare una storia leggera, piena di fascino, che ci riporta inevitabilmente indietro all’infanzia, a quei mondi che credevamo esistessero sul serio e che ci piaceva vivere. Ogni giorno in un mondo diverso.
Se avete figli, non esitate a mettere nelle loro mani questo libro.
Capiranno molte cose.
Sull’amicizia, sull’importanza di non giudicare gli altri dall’aspetto o dalla prima impressione e, soprattutto, potranno scoprire che leggere può essere molto, anzi moooolto, divertente.