Un regalo da Tiffany, di Melissa Hill
La copertina recita “tra i dieci libri più letti negli ultimi anni”. Sarà anche vero, visto il numero di copie vendute, ma di fatto Un regalo da Tiffany è molto probabile che non si attesti tra i dieci libri più amati dell’ultimo decennio. Edito lo scorso anno dalla Newton Compton Editori, scritto da Melissa Hill e tradotto a sei mani da Milvia Faccia, Roberto Lanzi e Rosa Prencipe, si propone come un romanzo d’amore quando invece ha tutta l’aria di essere piuttosto un’astuta mossa di marketing per poter cavalcare l’onda dei festeggiamenti per l’anniversario dei cinquant’anni del famoso film di Audrey Hepburn, Colazione da Tiffany.
La storia ha inizio proprio presso Tiffany, la gioielleria di New York forse più celebre al mondo, dove Gary sta acquistando un braccialetto per la sua ragazza e Ethan, insieme alla figlia, un anello per un’imminente proposta di matrimonio. Il caso vuole che Gary venga però investito appena fuori del negozio, che Ethan lo soccorra e che i pacchetti, nel trambusto creatosi, vengano scambiati. Da qui in poi l’equivoco non tarda a crearsi, ma l’espediente narrativo, pur povero, non viene certamente sorretto da un ritmo sufficientemente sostenuto da tener desta l’attenzione e la curiosità del lettore. Al contrario, per tutto il libro l’unica domanda che viene spontaneo sollevare è: perché non dialogano? Forse anche l’autrice se lo è chiesta in corso di stesura, altrimenti non avrebbe certo avuto bisogno di così tante meticolose e prolisse descrizioni dei pensieri di ciascun personaggio per andare a giustificare una così patente lacuna di senso pratico.
C’è comunque da dire che il finale, sì, resta del tutto inatteso e con l’effetto a sorpresa riesce un poco a “salvare” le 401 pagine del romanzo.