Vani d’ombra, di Simone Innocenti
…È quello che state vedendo voi, voi che pensate di ingabbiarmi con le vostre formule, la verità è che cercate in me uno sceneggiatore dei vostri tabù per poi blandirmi con frasi da medici, con tecnicismi ignobili da sbattere su un formulario da compilare, il vostro non è bianco di carta, non avete nulla da dire, nulla da scrivere, non vi serve la carta, siete solo carta da parati, serve a nascondere il vuoto che vi ha generato e che provate ad ammobiliare, io non sono il vostro comodino…
È il bianco, quello del candore, quello delle lenzuola in un armadio, a ossessionare Michele Maestri, il protagonista di questo romanzo a tinte vibranti, che sembra adagiarsi per poi risalire, senza sospiri inutili, perché la vita non dà scampo, non dà tempo per ripensarci. E, soprattutto, per correggere.
Vani d’ombra è la storia di un tredicenne di paese che, per sfuggire alla noia mortale della scuola appena terminata, sceglie di affrontare a modo suo l’estate. Armato di un binocolo, si nasconde tra le fronde di un albero per spiare la colf del notaio. È solo curiosità o vera morbosità? Troppo giovane Michele per saperlo, l’importante è che per lui sia un gioco, un po’ più spinto di quelli cui è abituato.
La donna non è un’innocente, pura anima, anzi — e questo lo si era capito. Riceve ogni giorno un uomo. Ogni giorno, un uomo diverso. Ed è come stare al cinema senza pagare il biglietto.
La pacchia, però, non può durare a lungo. A un certo punto, Michele viene scoperto dalla donna, chiuso nell’armadio della stanza e costretto ad attendere al buio il prossimo appuntamento amoroso.
E proprio a questo punto che Michele, suo malgrado, scopre una cosa che lo turberà per tutta la vita.
Il bianco si sporca, il candore sparisce, e il significato delle sue giornate cambia di colpo, trasformando la sua psiche e la sua esistenza in uno di quei percorsi a ostacoli che saltano fuori all’improvviso, e non si riesce a capire se sono dentro o fuori del nostro corpo.
Vani d’ombra è un libro dalla scrittura a tratti magistrale, un tormento psicologico che solo di rado stagna in anse di tranquillità, per poi riemergere più forte e deciso.
La vita scorre, gli incontri che pure sembrano avere effetti benefici, non sono altro che passi giganti verso il precipizio.
Simone Innocenti, uomo che si occupa di cronaca nera e giudiziaria, mette a segno un buon colpo, una parentesi che sta a mezza via tra l’indagine psicologica e il fatto reale – o realistico, almeno. Per certi versi, un lavoro che rende attuale certi drammi psicologici dell’ottocento russo – almeno, a me è venuto in mente questo largo paragone, fatte le debite, inevitabili proporzioni.
Senza andare oltre coi paragoni, è chiaro che si tratta di materia delicata, cui concedere un grado di attenzione in più.
La lettura, però, è fatta anche di attenzione.
Se vi farete catturare, in fondo, non sarà difficile.