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Voglio vederti soffrire, di Cristina Brondoni

Il caldo asfissiante scioglie l’asfalto e i pensieri, e sciogliendosi appiccica i vestiti alla carne, i pensieri tra le tempie, impastandoli ai capelli, e appiccica vite, quelle che attraversano un’estate insopportabilmente opprimente, apparentemente infinita, dannatamente claustrofobica.

Voglio vederti soffrire
Voglio vederti soffrire

In Voglio vederti soffrire (ed. Clown bianco) è qui che ci muoviamo, in una Milano dalla vastità ristretta, nel canto delle vite altrui, dove ognuno muove il proprio vivere affiancandolo a quello dell’altro, in un microcosmo che renderebbe minuscola qualunque metropoli. Questa, in particolare, è in preda alla furia di lunghissimi giorni in cui, come in un campo di battaglia, restano a terra corpi colpiti da un invisibile cecchino, di volta in volta dalla forma della rabbia repressa, dello scontento, della frustrazione, della voglia, così umanamente disumana di “vedere soffrire”.

Nella trama intrecciata dalla dosata e attenta cura di Cristina Brondoni, nulla è a caso, anche quando le vite che incrociamo appaiono slegate e vanno a sfiorarsi per caso. Vi è invece la spinta a cercare un legame che renda giustizia, forma e senso, alla morte inspiegabile della modella dalla vita stretta tra le pose da Instagram,  quelle da giustificare con i genitori gelidi, avidi di affetto e calore; a cercare un legame per quell’anziano signore, tranquillo e normale, che in un altrettanto tranquillo e normale pomeriggio di cappa infernale finisce ad accettate la moglie.

La testa della donna rotolerà fino a Enea, ispettore dalla vita apparentemente ordinaria e dall’ordine maniacale, con un passato che non è mai davvero passato e un presente in cui scavare a fondo vuol dire cercare risposte che appartengono anche un po’ a se stessi. Con lui un amico fedele a sostenere i giorni pesanti, e una sorella gemella di cuore e sangue, dalle ruvidezze amorevoli, che sfiora pensieri come nessuno saprebbe.

Enea andrà incontro a quell’umanità che cerca e non si arrende, né arretra, e che ricorda le facce che attraversano il dolore a cui mai ci si abitua. A sue spese, Enea solcherà la strada che lo condurrà faccia a faccia con la verità. Una verità normale, di quelle a cui quasi non si pensa quando si cercano le ragioni del male: esiste, si aggrappa, resiste, ingloba, spesso per una sola, unica e irragionevole volontà di un crudele finale, un mero godere nel “vederti soffrire” che spegnerà ogni luce di quell’interminabile estate passata di mano in mano, da una vita all’altra, da un dolore all’altro.

Stefania Castella

Mi chiamo Stefania e sono nata a Napoli da padre con occhi trasparenti e madre con lunghissimi capelli biondi e gonnellone hippy. Non so perché ve lo dico, solo perché tutti scriviamo dove nasciamo e nessuno da chi. Sono grafica pubblicitaria e soprattutto mamma a tempo pieno e indeterminato. Scrivo da quando ho imparato, leggo da sempre e ascolto da molto di più. Mi piace leggere e raccontare storie, dare voce. Scrivere è la mia esigenza, la mia necessità. Mi piace raccontare ciò che ho letto cercando di trasmettere l'emozione che ho provato, lasciandovi entrare nel viaggio che ogni scrittore regala. Se questo si chiama recensire, allora recensisco. Cosa fa su MeLoLeggo? Quello che amo fare: immergermi in una storia di carta, con rispetto e onestà, affiancandomi con voi alle pagine e percorrendo lo stesso bellissimo sogno. Ogni scrittore partorisce le sue creature con amore e fatica, quello che possiamo fare è raccogliere la sua storia. Se una storia non piace non si può stroncarla, solo evitare di raccoglierla, no?

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